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Coronavirus e cultura aziendale

17 Aprile 2020 - 6 minuti di lettura

La risposta di Intré alla personale esperienza del nostro CEO Francesco Rigillo e
a un cambiamento tanto grande quanto inaspettato.

 

Il 19 marzo è arrivata a casa mia un’ambulanza a sirene spiegate. L’operatrice della Croce Rossa mi ha misurato la saturazione dell’ossigeno nel sangue e dieci minuti dopo ero ricoverato al pronto soccorso dell’Ospedale di Monza.
Non voglio raccontare della mia malattia. È andata bene e questa è la cosa importante.

Colgo solo l’occasione per ringraziare i medici, gli infermieri e tutti gli operatori che lavorano nei reparti COVID. Non ne faccio un mito anche se per me lo sono, ma ricordo soltanto che lavorano in condizioni molto difficili, con un alto rischio per la loro salute e con turni impegnativi: grazie davvero di cuore, senza di voi non ce la possiamo fare.

Sono uscito dall’ospedale il 31 Marzo e fino almeno al 20 Aprile sarò in quarantena a casa, e la cosa potrebbe anche prolungarsi.

Quindi per più di un mese non ho potuto svolgere il mio ruolo di Amministratore in Intré, anzi, per una buona parte del periodo Ospedaliero, non ho proprio parlato con nessuno, non potevo.

E in azienda cos’è successo?

Gestione dell’azienda

Il Consiglio di Amministrazione si è attivato: si è riunito “virtualmente” e ha suddiviso su altri responsabili le mie attività, concentrandosi sulle cose urgenti e importanti, erano già tante.

In quei giorni era previsto l’entrata di alcune nuove persone: l’accordo con loro era stato firmato mesi prima, quando quasi non si parlava di Covid.

Bisognava gestire la parte contrattuale, la preparazione e consegna delle attrezzature, l’on-boarding nei team e nei progetti.

Tutti erano a casa, gli uffici chiusi e gli studi di consulenza a cui ci appoggiamo per la parte amministrativa non erano completamente operativi.

I nostri uffici avevano subito limitato in modo molto forte l’accesso e chiuso dal 11 Marzo 2020.

Team: principi e risultati

Ma parliamo della parte centrale dell’azienda, quella attorno a cui ruota tutto: i team.

Il business di Intré è costituire ed organizzare team secondo il framework Scrum: team dedicati in modo esclusivo allo sviluppo di un progetto di un cliente.

Cosa stava succedendo nei team? Come andava il lavoro? Gli sprint raggiungevano gli obiettivi o la produttività calava? E la collaborazione con il cliente?

E qui si è davvero visto il risultato di un lavoro che abbiamo iniziato diversi anni fa, quando abbiamo deciso che dovevamo modificare la struttura organizzativa e abbandonare il così detto “command & control”.

Già anni fa ci eravamo convinti che per affrontare le sfide di un mondo complesso e soprattutto in continuo rapido cambiamento fosse necessario dare importanza e centralità ai seguenti principi:

  • Responsabilizzazione del team: il team si impegna a realizzare lo sprint backlog e ogni membro sa che il suo contributo è fondamentale. Si arriva al successo tutti insieme o si fallisce tutti insieme.
  • Multidisciplinarietà: ogni team ha tutte le competenze necessarie a completare le attività previste nello sprint.
  • Lavoro per obiettivi. Non vuol dire che bisogna lavorare di notte o 12 ore al giorno, ma che ognuno si sceglie un compito, prende un impegno e fa il massimo per raggiungerlo nel tempo a disposizione. Si noti “si sceglie”, non “gli viene assegnato”.
  • Trasparenza completa, anche verso il cliente. Il cliente è informato, collabora, discute anche animatamente, è parte attiva fondamentale del progetto. Tutte le settimane, non solo alla fine. E nessuno tiene i problemi nascosti nel cassetto.
  • Rispetto delle esigenze della vita privata e quindi carico di lavoro adeguato. Ci sono famiglie con figli piccoli, genitori anziani, oppure che vivono in quest’area, ma non hanno parenti vicini che li aiutino, così come malattie, visite mediche, riunioni a scuola, e si potrebbe continuare. Ma anche hobby, passioni, amore per lo sport. Il lavoro è importante, ma non deve impedire alle persone di dedicarsi a tutto ciò che completa la loro persona ed è per loro di valore e importante.
  • Lavoro da remoto, da casa. Riduzione del tempo di viaggio, dei costi. Quando possibile, perché no? In Intré la maggior parte delle persone già da tempo lavora da casa 1-2 giorni lavorativi alla settimana. Alcuni di più.

Alla fine di marzo abbiamo constatato con piacere che tutti i progetti erano andati avanti in modo quasi identico ai mesi precedenti.

I team hanno completato gli sprint; se ci sono stati dei problemi, non sono stati causati dal lavoro in remoto, ma da difficoltà che si sarebbero incontrate in ogni caso. In tutto questo ovviamente hanno contribuito in modo importante i clienti, anche loro in “smart working”, ma vicini al lavoro dei team.

Anche il supporto dei nostri “Agile Delivery Manager”, le nostre figure manageriali che osservano i team e intervengono per sciogliere tutti i nodi che un team da solo potrebbe faticare a risolvere, è stato fondamentale: olio sugli ingranaggi!

In conclusione, le persone, che vuol dire Intré, hanno assorbito il grosso cambiamento sfruttando le esperienze precedenti e la propria competenza, hanno “prodotto”.

È un vero successo e sono contento di condividerlo.

Ma non è tutto oro

Naturalmente la virtualità di questo modo di lavorare crea anche delle difficoltà. Ve ne indico alcune che abbiamo riscontrato:

  • Non è sempre facile separare la vita privata dal lavoro. Le ore passano veloci e si corre il rischio di essere sempre al lavoro. Alcuni hanno verificato che è facile superare le 8 ore al giorno senza accorgersene.
  • Affaticamento per le continue videoconferenze, specie quelle che devono essere fatte con il collega che di solito è al nostro fianco e bastano 2 parole per avere la risposta.
  • Rallentamento di alcune attività a causa del minor contatto con i colleghi. Lavorando insieme nascono idee e approcci che possono ottimizzare il lavoro e che restando da soli è più difficile identificare. Magari quell’idea che viene suggerita quando si sentono due colleghi discutere tra di loro di un argomento al caffè.
  • Maggiore difficoltà a prendere decisioni che coinvolgono più persone. Per arrivare ad una soluzione che soddisfi tutti magari occorre discutere con diverse persone e riunirle insieme quando ognuno è a casa può far perdere di efficienza.
  • Accesso internet di bassa qualità. Molte aree, anche in prossimità di città importanti e ben connesse, hanno un accesso ad internet scarso e a bassa velocità. Questo condiziona la possibilità di effettuare videoconferenze così come di usare strumenti di programmazione condivisa.
  • Difficoltà di concentrazione. Vuoi per eventuali disturbi, vuoi per la mancanza di una postazione di lavoro che consenta di lavorare tranquilli.
  • Strumenti hardware non all’altezza. In ufficio si hanno tutti gli strumenti che possono aiutare, ad esempio un secondo monitor. A casa, anche solo per ragioni di spazio, spesso gli strumenti sono più poveri.
  • Mancanza di contatto con i colleghi. Stare a casa alla lunga è pesante. Manca anche il coffee break con i colleghi, le quattro chiacchiere. La pausa pranzo, l’occasione per affrontare argomenti che alla fine ci danno idee per migliorare e fare le cose in modo diverso.

Il nostro futuro

Tutto questo ci permette di affrontare con relativa serenità il futuro: anche di fronte ad una malattia per la quale per ora non esiste una cura, la squadra di Intré è in grado di lavorare a pieno regime.

Gli uffici sono chiusi, ma la fase 2 che stiamo disegnando si basa sull’idea di riaprire a breve, con tutti i presidi necessari ad aumentare la sicurezza, limitando in ogni caso il numero di persone presenti e invitando a fare smart-working il più possibile visti i risultati positivi.

Dobbiamo ancora lavorare per garantire le nostre attività di formazione in gruppo (le gilde), ma siamo convinti di riuscirci, già ci stiamo organizzando.

Soffriranno invece le attività di team building: in un periodo in cui la parola chiave è isolamento, è inevitabile!

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