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Smart Working / Remote Working: virtual meetup

24 Marzo 2020 - 8 minuti di lettura

Lunedì 16 Marzo si è svolto un meetup virtuale, organizzato da Avanscoperta, su una tematica calda in questo periodo di crisi internazionale: lo smart working e il remote working.

In diretta streaming su YouTube, si è organizzata una tavola rotonda su queste tematiche per discuterne insieme a chi lo sta facendo già da alcuni anni.

Voce quindi agli ospiti della serata: Matteo Cavucci (Independant Consultant), Emanuela Damiani (User Experience Designer per Mozilla), Emanuele DelBono (CEO di CodicePlastico), Gianluca Padovani (CTO di Codice51), Matteo Collina (Technical Director a NearForm), Alberto Brandolini (CEO Avanscoperta) e Francesco Celli (consulente del lavoro).

L’obiettivo è capire insieme a loro le caratteristiche normative, gli aspetti organizzativi, gli strumenti, le piattaforme a disposizione, le potenzialità, i vantaggi e gli svantaggi per il singolo lavoratore, per i team distribuiti, per gli imprenditori, per le aziende, per la società.

Introduzione

L’incontro è iniziato con una breve introduzione, a cura di ogni ospite, sul remote working.

Per Emanuele Del Bono è importante fare remote working perché agevola i collaboratori di CodicePlastico nel lavoro in quanto non tutti sono di Brescia, dove ha sede l’azienda. Lavorare da remoto fa risparmiare tempo.
Hanno iniziato con un giorno alla settimana, il Giovedì, per circa tre mesi. Durante questo periodo sono stati raccolti feedback per capire cosa migliorare, sino ad arrivare ad oggi dove il remote working è permesso a tutti i collaboratori.

Per Gianluca Padovani il discorso è simile. Inizialmente veniva dedicato un giorno alla settimana per il remote working. Ad oggi lo fanno tutti, lasciando piena libertà se andare o meno in ufficio.

Emanuela Damiani, che lavora a Berlino per Mozilla, il remote working è sempre stata una soluzione necessaria. Hanno team dislocati in tutto il mondo, perciò risulta impossibile lavorare presenti fisicamente in uno stesso luogo. Quindi sì al remote working, da anni.

Dello stesso avviso Matteo Collina, dato che NearForm è composta da circa centocinquanta persone distribuite su venti nazioni diverse. Quindi si è sempre spinto per il remote working, che ha portato e porta sì benefici ma che non pone rimedio al problema del fuso orario, inevitabile.

Infine parola ad Alberto Brandolini, di Avanscoperta, che a differenza degli altri non lavora in aziende che si occupano di sviluppo software bensì di coaching tecnico on site. Hanno comunque abbracciato il remote working circa due anni e mezzo fa perché non sempre è possibile essere on site, e per altre esigenze.

Smart working e remote working: facciamo un po’ di chiarezza

Smart working e remote working non sono sinonini. E’ bene fare chiarezza su questi concetti.

Il remote working è l’evoluzione del telelavoro, mentre lo smart working è un termine che appartiene a pieno titolo alla trasformazione digitale delle imprese. Una differenza che non si rileva tanto nelle soluzioni tecnologiche a corredo dell’una o dell’altra modalità, che permettono in entrambi i casi di accedere a infrastrutture e dati aziendali a distanza, quanto nella tipologia di rapporto con cui l’organizzazione si pone nei confronti dei suoi dipendenti.

Normativa

Con lo smart working, ci si riferisce al lavoro per i dipendenti. Il freelancer non è toccato poiché decide liberamente dove lavorare. Ha obblighi abbastanza diversi.

Quando si parla di remote working, per un dipendente significa poter lavorare presso una certa sede validata dal datore, ad una postazione dotata di tutta la strumentazione necessaria e rispettando orari ben precisi.

Relativamente allo smart working invece, sempre per quanto riguarda i dipendenti, è una situazione ibrida con più flessibilità di orari e luogo. Ad esempio oggi lavoro da casa, domani in uno spazio di coworking…pur stando nel monte ore lavorativo giornaliero.

Organizzazione

Come mi organizzo con le persone con le quali lavoro?
Emanuele ad esempio parla di un contratto che definisce le regole dello smart working, i giorni e gli strumenti. E’ l’azienda che si deve mettere d’accordo con i collaboratori. Massima libertà, senza giorni fissi. Dotarsi di un calendario aziendale è utile perché ognuno segna la propria presenza, così da facilitare l’organizzazione.

Gianluca nota però un problema dovuto al mantenere la cultura aziendale. Avere persone che da remoto non è come averle alla macchinetta del caffè. Magari ci sono dei gruppetti forti che sono sempre in ufficio, e altri che prediligono il remote working.
E poi ci sono le figure junior.

Seniority

C’è bisogno di seguire, formare figure junior. In ufficio è un conto, da remoto tutt’altro.
La seniority gioca un ruolo importante. Per Matteo è davvero complicato formare una figura junior, in NearForm per un lungo periodo si era deciso di non assumerne più, proprio per questa difficoltà nel formarli. E’ una questione di soft skill e disciplina, saper lavorare. Ma sta ad ognuno, dipende da come è abituato.

Emanuela riconosce il problema del gestire le figure junior, e racconta di programmi di internship attivi in Mozilla. Un mentor in ufficio e diversi mentor presenti per ognuna delle time zone coinvolte.

Gestire la comunicazione

E’ importante bilanciare l lavoro sincrono ed asincrono. Per capirsi, quando si parla e quando si scrive, si produce.

Il punto che emerge è: non solo strumenti ma anche cultura. Ad esempio organizziamo stand-up meeting da remoto, usiamo strumenti di condivisione e aggregazione.

Per Emanuela la chiave è comunicare, comunicare, comunicare: overcommunicating. Esistono diversi strumenti per tale scopo, ad esempio in Mozilla si usano molto i tool della Google Suite:

  • Google doc per commenti durante le riunioni
  • Issue su GitHub o Bugzilla

Tutti canali da tenere costantemente sotto controllo. Anche le chat, come Slack, è considerato un tool valido anche per gestire la comunicazione sincrona.
Ma non solo lavoro. E’ bene tenere il morale alto, per questo si potrebbero dedicare canali Slack per pubblicare le foto del pranzo, come se lo si facesse tutti assieme. Soprattutto in questo periodo, è importante sentirsi uniti.

Stesso discorso per Emanuele, che in azienda fa uso di Slack, con tutti i suoi pro e contro. Sia per questioni lavorative che non. Suggerisce inoltre il loro modello che prevede due call giornaliere, alle 11:00 e 16:30. Giusto per tenersi allineati e scambiare quattro chiacchiere. In più organizzano una call ogni Lunedì mattina dove tutti sono fortemente invitati a partecipare per allinearsi sull’andamento dei vari progetti dell’azienda ma non solo. Vengono presi in considerazione task extra progetti quali l’acquisto di materiali aziendali o organizzazione di company meeting.

Alberto fa uso di wiki aziendale e Whatsapp. Sia per questioni extra lavorative che non. Trova comodo l’utilizzo di Slack perché gli permette di scrivere in qualunque momento con la certezza che verrà letto dai suoi colleghi in orario lavorativo.
Whatsapp non è propriamente uno strumento di lavoro, ma può tornare utile per gestire con estrema immediatezza situazioni lavorative urgenti (ho bisogno di parlare con un collega che magari lavora dall’altro capo del mondo, lo chiamo).

Per Gianluca va bene scrivere in chat come Slack in qualunque momento nell’arco della giornata lavorativa, ma per esperienza si aspetta di avere una risposta in tempi relativamente brevi (il tempo di un pomodoro).

L’essere sempre connessi e facilmente reperibili può portare ad un overping,  ovvero “sei sempre online quindi ti contatto”.

Questo può portare ad una perdita del controllo della situazione.

Gestire la perdita del controllo

Emanuele ad esempio racconta come ogni team fa stand-up per pianificare la giornata. Se si ha un problema, quello è il momento per parlarne. Scendendo velocemente nel tecnico, anche la scrittura di card e story è bene che richieda più tempo. Meglio essere prolissi, scriviamo più informazioni possibili per fugare ogni dubbio e permettere a chiunque prenda in carico la story di avere meno dubbi possibile ed evitare di rimanere bloccati. Quando facciamo meeting, riportare le note su carta o su altri tool.Ancora una volta, overcommunicating.

Per Alberto è un discorso che esula da tecnicismi. In generale è più complicato da remoto prendere decisioni e decidere cosa fare.
Finché si è in ufficio è più semplice organizzare le giornate dedicate alla comprensione e le giornate dedicate alla produzione.

Sindrome da burnout

Gianluca solleva un altro importante problema, Il burnout.
Da remoto le persone tendono a lavorare di più. Un consiglio è “staccare appena si può”. Da casa è più difficile, certo, ma sarebbe bene evitare luoghi come cucina o sala. Quando si lavora bisogna staccarsi dalla propria vita. E darsi degli orari.

Fin dai suoi primi giorni in Mozilla, per Emanuela era più un problema di dimostrare che stava facendo più del dovuto. E’ giusto mantenere le promesse, ma occhio a promettere troppo. Si rischia di finire in burnout. Non bisogna vergognarsi di ammettere di non farcela o di dire che bisogna prendere del tempo per sé stessi.

Il burnout è un problema serio, non deve essere sottovalutato. Cosa che sottolinea anche Matteo.
Sono più a rischio le persone non abituate a fare remote working. Magari è anche legato alla seniority di ognuno. I neolaureati, o chi è al primo impiego, magari tendono a sottostimare story, oppure fare “over promising” il che inevitabilmente porta a lavorare fino a tarda notte.

Data l’importanza dell’argomento, Matteo suggerisce di  fare evangelizzazione, approfondirne parlandone in azienda. Purtroppo spesso ci si rende conto di avere problema fintantoché non ci si è dentro. Può capitare a tutti. L’importante è essere consapevoli di poter parlare di un qualunque problema con il proprio manager o altri colleghi.

Per Gianluca è importante creare momenti di aggregazione, seppur da remoto. Dare feedback a qualunque richiesta venga fatta, non dimenticarsi. Il remote working acuisce ciò che sei, o quel che la tua azienda è. Se sei una persona tendenzialmente ansiosa, lo sarai ancora di più. Quindi muoversi assieme per capire come risolvere queste situazioni.  E comunque lavorare da remoto non è tutto rosa e fiori. A Gianluca piace andare in ufficio, nonostante ciò comporti spendere del tempo per raggiungere il posto di lavoro. Perché si trova umanamente bene con i colleghi.

Costruire la fiducia

Emanuela reputa importanti i meeting one to one, fin da subito. E’ capitato che un rapporto professionale sfociasse in un rapporto di amicizia proprio per la quotidianità di questi meeting.

Emanuele concorda con i meeting one to one, utili per farsi dare feedback da chi è più solitamente più introverso. Nella sua azienda si ricorre anche a meeting fisici, retrospettive ogni due mesi.

Nell’ultima parte del meeting è stato dato dello spazio a domande provenienti da persone come me collegate da remoto.

Conclusioni

E’ stato un meeting davvero interessante, che ha offerto molti spunti utili sulle tematiche dello smart working e remote working. Seppur lontani, ognuno nelle proprie case, è come se per un’oretta le distanze si fossero azzerate.

Anche Intré è stata presente, un saluto a Marco Loregian, Luca Marcato, Alessandro D’Amico e Fabio Ghislandi che come il sottoscritto hanno partecipato a questo bel momento di condivisione e riflessione.

Infine, grazie ad Avanscoperta per aver organizzato il tutto e Alberto Brandolini per aver realizzato degli ottimi appunti grafici sulla screen board che potete trovare tra i link del paragrafo Riferimenti.

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