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Ragione e sentimento: emozione ed impulsi emotivi.

22 Ottobre 2020 - 6 minuti di lettura

Il 23 Settembre si è tenuto un webinar dal titolo Ragione e sentimento.

Sapevate che nessuno poteva davvero dire di provare un’emozione fino al 1830, grazie al filosofo Thomas Brown [1]?
Quello che si provava aveva altri nomi – “passioni”, “accidenti dell’anima”, “sentimenti morali” – e quando si trattava di stabilirne la causa venivano offerte teorie e spiegazioni lontanissime dalla maniera che abbiamo, oggi, di intendere le emozioni.
Tra gli antichi greci c’era chi credeva che un certo tipo di rabbia penetrasse negli esseri umani dopo essere stata trasportata sulle onde di un vento cattivo.

Nella prima metà del webinar Pierpaolo Muzzolon ha ripercorso la storia (occidentale) delle emozioni umane.

Nella seconda parte Vito Abrusci ha analizzato i comportamenti tossici, gli impulsi emotivi che avvelenano il comportamento dei team, e di conseguenza i comportamenti che sono alla base del buon funzionamento dei team Agili.

Sentimento – storia della parola emozione

Il viaggio di Pierpaolo è iniziato dalla parola sentimento, ripercorrendo la storia occidentale delle emozioni umane, prendendo spunto dal libro “Atlante delle emozioni umane” [2] di Tiffany Watt Smith.

Partendo dai nostri giorni, il centro di comando delle emozioni è l’amigdala. Ma pensare che sia solo biochimica sarebbe un po’ come dire che

l’Alice di Lewis Carroll non sono altro che delle parole in una pagina

riprendendo una citazione di Siri Hustvedt, poetessa e saggista. Non si sta parlando quindi di esperienza soggettiva.

Come anticipato, la storia delle emozioni è una storia occidentale. Ognuno di noi si riconosce analfabeta dal punto di vista delle emozioni, non sappiamo dare loro un nome. Fino a non molto tempo fa si parlava di passioni, umori. Tra gli antichi greci c’era chi credeva che un certo tipo di rabbia penetrasse negli esseri umani dopo essere stata trasportata sulle onde di un vento cattivo.

Emozione dal 1400 al 1600

Intorno al 1400-500 non era necessario essere umani per avere emozioni, si diceva che persino le palme si potessero innamorare…ma in tutto ciò esistevano medici che formulavano e praticavano delle teorie, riprendendo la teoria umorale di Ippocrate [3].
Secondo un’antica tradizione ripresa nell’ambito della medicina greca da Ippocrate, gli umori dell’organismo erano quattro (sangue, bile gialla, bile nera e la flemma) governati rispettivamente da ognuno dei quattro elementi (fuoco, aria, acqua, terra), che costituivano le radici del macrocosmo.

Thomas Wills, un medico britannico, nella sua opera “Cerebri Anatome” del 1664 rivelò le strutture cerebrali responsabili del funzionamento delle emozioni, della motivazione e del comportamento umano.

Emozione nel 1800 e 1900

Ed eccoci arrivati al 1830 quando, in una grande sala piena di spifferi nella città di Edimburgo, Thomas Brown affermò che serviva un nuovo vocabolario per parlare di questa nuova maniera di intendere il funzionamento del corpo umano. Brown suggerì di utilizzare il termine emozione.

Pochi anni dopo Charles Darwin nel 1872 pubblicò i risultati di sue ricerche sostenendo che le emozioni non fossero reazioni prefissati a uno stimolo bensì il frutto di processi evolutivi durati milioni di anni (e non ancora terminati). Nel suo libro “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali” [4] Darwin dimostra la possibilità di analizzare dal punto di vista naturalistico non solo le specie viventi, non solo l’uomo, ma persino i suoi più intimi moti di coscienza, traditi da espressioni emotive messi abilmente in continuità con quelle degli altri animali.

Solo con Sigmund Freud, negli anni 90 del 1800, si iniziò a considerare l’influenza della psiche nelle emozioni. Le emozioni lui le chiamava affetti.

Avvicinandoci ai giorni nostri, tra gli anni 1960 e 1970 era comune pensare che la cultura desse forma alle nostre emozioni.

Emozione oggi

Grazie alla carrellata storica di Pierpaolo, possiamo dire tutt’oggi di non avere una risposta precisa quando ci viene chiesto di dare una definizione alla parola emozione o descrivere con una parola ciò che stiamo provando. Esistono legami tra sentimenti e parole che usiamo per esprimerli, e sicuramente dare un nome a emozioni negative aiuta ad attenuarle.

Riprendendo una frase del libro Atlante delle emozioni umane

non ci servono meno parole per indicare i nostri sentimenti. Ce ne servono molte di più.

Pensando alla nostra vita lavorativa di tutti i giorni, come si collocano le emozioni nell’Agilità?

Ragione – impulsi emotivi dannosi per i team Agili

Quando lavoriamo, una delle prime domande che ci poniamo è “Dove vogliamo arrivare?” che, calata nel contesto del nostro team, diventa “Cosa facciamo nella quotidianità per essere efficaci?”.

Un primo punto che crea disfunzioni all’interno del team è l’impulsività, quel sentimento, comportamento che si manifesta quando si reagisce ad una situazione in modo esagerato. E’ opportuno ragionare sulla situazione da diversi punti di vista, tutti tendiamo a fare sempre qualcosa in più o in meno. Riconoscere che si sta agendo in modo impulsivo è importante.
Vito ci ha parlato di brabant, una delle emozioni catalogate nel libro “Atlante delle emozioni umane”. Sostanzialmente quello stato in cui “sappiamo che non è una buona idea, con ogni probabilità ci si ritorcerà contro eppure non possiamo evitare di pensare a cosa succederebbe se la mettessimo in pratica”. Facciamo un esempio: l’esercizio fisico di avanzare con le braccia appese ad una scala orizzontale. O sto fermo o avanzo. Tornando alle dinamiche nel nostro team, chi decide di rimanere fermo nelle sue idee non avanza.

Un’altra disfunzione è quella del “bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto”: in ogni team c’è sempre qualcuno focalizzato costantemente sulle cose negative (bicchiere mezzo vuoto). Questo atteggiamento potrebbe spaventare le altre persone. All’opposto, avere persone sempre felici potrebbe anzi sarebbe di giovamento per tutti (bicchiere mezzo pieno). In teoria siamo su una linea retta, nella pratica hanno ragione un po’ tutti (ancora, bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto).

Attenzione anche alla frustrazione: persone in team che sono frustrate dalle tante richieste che limitano il loro spettro di scelta. Sono consapevoli delle loro skill, ma non hanno la capacità di scelta. Solitamente, ogni cosa è percepita come difficile prima di diventare facile. Se nel team abbiamo tante persone frustrate il percorso dal difficile al facile sarà più faticoso, immaginandoci un percorso in bici o una camminata “la salita del difficile sarà più alta”. Come sappiamo, dopo la salita ci sarà una discesa, ma più avanti dovremo affrontare altre salite, ma saranno meno faticose perché pian piano si impara.

Emozioni e ruoli in un team

Vito definisce tre ruoli che ognuno di noi potrebbe ricoprire all’interno di un team, come contenitori delle emozioni discusse:

  • Il perfezionista: estremamente meticoloso, ottiene il risultato in un certo lasso di tempo.
  • L’iteratore: è consapevole delle proprie emozioni, è in grado di mettersi in gioco. Fa quindi esperimenti, migliora, e alla lunga è migliore del perfezionista. Rischio della sindrome di Cristoforo Colombo: parti per un posto, poi ti rendi conto di essere arrivato da un’altra parte. A forza di tentare, nonostante non si sappia con certezza quale sia la destinazione, l’iteratore ha la consapevolezza che potrebbe arrivare comunque a qualcos’altro, e intanto impara.
  • Il procrastinatore: non parte mai, rimane fermo e attende la perfezione, che sappiamo non esiste e difficilmente è immaginabile. Ha bisogno di essere perfetto in partenza.

In questa visione del team, Vito ci parla di un altro sentimento potenzialmente dannoso, l’apatia. Nel team con il tempo qualcuno potrebbe diventare apatico, disinteressato, che quindi non vuole più fare nulla perché demotivato. Per fortuna esistono pratiche e tecniche che un Agile coach può mettere in atto per stimolare queste persone.

Le emozioni dannose per i team e la parola magica

Riassumendo vediamo quindi quelle che sono le emozioni, o meglio comportamenti ed emozioni, dannose per i team:

  • impulsività
  • bicchiere mezzo vuoto
  • brabant
  • frustrazione
  • apatia

La parola magica per il team è insieme: si collabora INSIEME per raggiungere i risultati, INSIEME si condividono esperienze e  si impara. Se tutti INSIEME sappiamo dove vogliamo andare, abbiamo ben chiaro l’obiettivo, lavoriamo INSIEME ognuno con i proprio modi relazionali, quindi:

  • focus
  • relazione
  • co-creazione
  • agency: agentività [5] in italiano, ovvero dare possibilità di apertura nel team affinché qualcuno possa prendere decisioni e migliorare all’interno di un team.

Conclusioni

Non è mai facile parlare di emozioni e sentimenti.

Complimenti a Pierpaolo e Vito per l’organizzazione e la semplicità con la quale hanno trasmesso contenuti di alto livello.

Un appunto personale, mi porto a casa il termine agentività, ad oggi sconosciuto.

 

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