Agilità e pregiudizio
Cosa si intende con la parola bias, o meglio bias cognitivo?
Dalla pagina Wikipedia:
Il bias è un pattern sistematico di deviazione dalla norma o dalla razionalità nel giudizio. In psicologia indica una tendenza a creare la propria realtà soggettiva, non necessariamente corrispondente all’evidenza, sviluppata sulla base dell’interpretazione delle informazioni in possesso, anche se non logicamente o semanticamente connesse tra loro, che porta dunque a un errore di valutazione o a mancanza di oggettività di giudizio.
Usando una metafora possiamo vedere i bias come scorciatoie che il nostro cervello prende per risparmiare energie per fare delle scelte…dei pregiudizi quindi, su cose o persone.
In merito alla nostra quotidianità di lavoro in team, ecco tre tra i bias più ricorrenti;
- Effetto alone: bias per il quale la percezione di un tratto è influenzata dalla percezione di uno o più altri tratti dell’individuo o dell’oggetto. Un esempio è giudicare intelligente, a prima vista, un individuo di bell’aspetto. Vito ha preso come esempio la pubblicità di George Clooney intento a bere un caffè. L’attore si presenta carino e simpatico, e in qualche modo pensiamo che quel caffè sia più buono. Tornando alla nostra realtà, potremmo essere portati a giudicare la bontà di un progetto magari solo dalla presentazione PowerPoint…
- Bias di negatività: relativo alla tendenza delle persone ad essere più attente, sensibili, nel ricordare in maggior parte gli stimoli negativi. Questo bias incide molto sulle decisioni e può creare diverse problematiche anche nel team. Ad esempio un team che nell’ultimo sprint ha chiuso 10 task di cui solo un paio sono andati male, si concentrerà su questi ultimi. Capita inoltre, da parte del management, di enfatizzano il costo di quel fallimento per far aumentare gli sforzi delle persone su quell’attività…non va bene, ne andrebbe a discapito dell’efficacia sul lavoro.
- Bias di superiorità illusoria: bias più comunemente noto/associato all’effetto di Dunning-Kruger. Brevemente, chi non è esperto in un certo campo tende a sopravvalutarsi su quello. Si manifesta ad esempio tutte le volte che dobbiamo dare un feedback. Per evitarlo sarebbe opportuno cercare di considerare il dato oggettivo quindi non dire “Tu hai sbagliato” ma piuttosto “La feature su cui stiamo lavorando non è funzionale all’obiettivo”. Meglio lavorare sul dato anziché sulla persona.
Per approfondimenti sui bias, vi invito a leggere il mio articolo tratto da un altro webinar a cura di Vito e Pierpaolo.
Agile mindset
Agile con il suo Manifesto e mindset ci viene in aiuto perché ci permette di concentrarci sulle nostre attività (focus), da svolgere insieme (relazione) collaborando. Importante anche il concetto di agentività, ovvero intervenire sulla realtà per poterla cambiare. Per approfondimenti rimando alla lettura dell’articolo “Manage your emotional culture”.
Alcune pratiche utili:
- Organizzare il lavoro in sprint temporali di 1 o 2 settimane organizzati, e alla fine di questi organizzare retrospettive per capire capire cosa è andato bene e cosa non. Il punto è che per ognuna di queste iterazioni si abbini un’attività di miglioramento per la successiva.
- Dare importanza al feedback. Sfruttarlo a proprio vantaggio, e soprattutto quando lo si da, cambiare punto di vista e magari provare a mettersi nei panni di chi lo riceve. Meglio ancora, deciderlo assieme.
- Coltivare la “cultura della curiosità” e promuovere un conflitto sano magari sforzandosi di porre domande al prossimo cercando di farlo sentire a proprio agio. Le persone, sentendosi bene e soprattutto più libere, promuoveranno questa cosa e quindi si avranno anche feedback migliori.
Il tutto per costruire fiducia nel team e creare una sorta di “sicurezza psicologica”, un concetto elaborato dalle ricerche di Amy Edmonson e su cui si basa il libro “Organizzazioni senza paura. Creare sicurezza psicologica sul lavoro per imparare, innovare e crescere”.